Come in un paesaggio fiabesco

02.04.2024

Un piccolo omaggio ad grande narratore danese: Hans Christian  Andersen


Camminare, esplorare, leggere, viaggiare, fotografare... tutte attività che hanno una cosa in comune: lasciarsi incantare davanti al mondo nelle sue apparenze magiche e fatate, con gli occhi ed il cuore di un bambino, sempre pronti a lasciarsi sedurre dalle cose semplici, e dalla narrazione attraverso cui la nostra anima interpreta il mondo, che non è mai come ci sembra. 

Non dobbiamo nemmeno sottovalutare che potremmo vivere in un grande inganno,  è una concreta possibilità di cui tener debito conto: in un mondo fatto solo di apparenza, i termini di reale ed irreale, reale e fiabesco, reale e fantastico, potrebbero fors'anche interscambiarsi, e certi mondi vagheggiati e nei miti e nelle leggende potrebbero esser più "veri" di ciò che noi oggi materialisticamente scambiamo per "realtà e concretezza".  Non sottovalutiamo mai quesa possibilità, o forse sarebbe meglio chiamarla opportunità.



Da qualche giorno volevo postare questa fotografia, scattata al passo del Cerreto, una suggestiva veduta sulla Lunigiana immersa nella nebbia dopo il tramonto, con quest'auto che si ferma un attimo a bordo strada per ammirare un paesaggio fiabesco al confine tra due regni, ma mi mancava la giusta vena poetica per incorniciarla. Proprio oggi mi sono capitate sotto mano queste righe che descrivono il famosissimo scrittore di fiabe Andersen, ed ecco che è scattata la scintilla, che mi si sono messi in moto mille pensieri sul paesaggio e sulla sua narrazione, scorgendo immediatamente un parallelo, un'affinità di contenuti, tra le parole che stavo leggendo ed il concetto di viaggiare, fotografare, immaginare, e questa fotografia mi sembra li tocchi tutti questi temi.

Cito Knud Ferlov, professore di danese, nella sua prefazione all'edizione italiana delle fiabe di Andersen edita da Einaudi nel 1954:  

"Andersen stesso dice delle sue fiabe: mi stavano nella mente come un granello, ci voleva soltanto un soffio di vento, un raggio di sole, una goccia d'erba amara, ed esse sbocciavano. Andersen, viaggiatore instancabile, ospite delle corti europee, dei nobili castelli danesi, uccello migratore mai sazio di becchime esotico, si nutrì di tutte le letterature e di tutti i paesaggi. [...] Rivivono nei suoi libri i vari aspetti dei paesi da lui visitati: l'Italia, la Spagna, la Svizzera, la Scozia, l'Oriente; ma le radici della sua poesia sono nella terra danese, egli è forse il più danese di tutti gli scrittori. In fondo al cuore egli serberà sempre il mondo della sua infanzia, [...] fonte della sua poesia restò sempre quel mondo fantastico che gli si rivelò quando, bambino, ascoltava, nelle lunghe veglie, i racconti della povera gente. La grandezza e l'originalità di Andersen derivano in gran parte dalla sua fede, in quel mondo di fantasmi che esprimono gli spaventi e le speranze della vita [...].

In un certo senso, Andersen è il primo degli scrittori impressionisti, Spesso, trascurando la sintassi, egli lascia parlare voci e suoni sconnessi. Ma in mezzo a quel frastuono si ode, simile a un canto, la parola profonda dell'anima danese. [..]

E' un complesso indefinibile [...] carattersitico di quel piccolo paese di pianure, senza profili pronunciati, dove il colore quasi non esiste, ma dominano le sfumature."

E tutto questo discorso si adatta benissimo anche ad un certo modo di fare fotografia e di guardare il mondo che ci circonda, nel cercare di cogliere sempre la magia dei luoghi, ed interpretarli attraverso gli occhi incantati e suggestionabili del bambino che è in noi, ed attraverso un cuore sempre colmo delle nostre emozioni più antiche e sincere.

Fotografare è in fondo un narrare il mondo e un narrare noi stessi, una ricerca di una propria verità e identità; fotografare è un incantare ma, soprattutto, un lasciarsi incantare.

E per concludere in tema di narrazione e fotografia, uso sempre le parole azzeccatissime di  Knud Ferlov :  " Poichè Andersen non è soltanto un grande incantatore, ma è anche un grande savio, la cui filosofia può molto giovare al nostro tempo. Non sbagliò Tagore, quando visitando le scuole danesi disse: Perchè avete tante materie? Basterebbe una sola: Andersen " .