LE MIE MONTAGNE



Mi son permesso di prendere in prestito il titolo di queste righe da un famoso libro che ho letto da ragazzo e che mi aveva molto suggestionato, "Le mie Montagne" appunto, del noto alpinista ed esploratore Walter Bonatti, uno di quei personaggi rari che lasciano un segno nella storia e nel mondo, e che hanno fatto sognare con le loro imprese, i loro racconti e le loro immagini. Persone animate da una grande curiosità e sete di sapere, di vedere, di conoscere, e nello stesso tempo animate da un profondo rispetto per il maestoso ambiente della montagna, una di quelle persone che non si arrendono mai, ma non fraintendetemi: io non sono un alpinista ne aspiro a diventarlo, e spesso mi arrendo pure, in montagna io ci vado solo per fare escursioni e passeggiate, per ammirare e contemplare la natura, a volte da solo a volte in compagnia, e per fare tante, tante, ma tante fotografie, ovviamente. 

In questa pagina voglio raccontarvi il mio rapporto e la mia ammirazione per la montagna, questo ambiente così suggestivo e quasi magico, mistico, dove la natura manifesta tutta la sua bellezza e la sua potenza creativa: dai grandiosi paesaggi alle esplosioni delle fioriture dai mille colori, dalle acque cristalline alle rocce dalle forme stravaganti, e poi ancora animali piccoli e grandi di ogni sorta, fino all'uomo, soprattutto quello di un tempo che, come un sapiente artigiano, usando fatica e tenacia, ha pazientemente cesellato l'aspra natura, addolcendone un poco la severità ed impreziosendone l'aspetto con suggestivi sentieri, ridenti villaggi, arditi rifugi, arroccati castelli, mistici luoghi di culto, ed ancora terrazzamenti, ponti, muretti a secco. Tutte opere armoniosamente incastonate nel paesaggio, per renderlo fruibile, più accessibile, ed anche per renderlo sfruttabile e vivibile (questo ne era lo scopo fondamentale), ed alla fine tutte queste opere d'ingegno e di tenacia hanno finito oggi per costituire un tesoro di grande valore storico e culturale chiamato paesaggio, frutto involontario della stratificazione di tanti eventi succedutisi nel tempo e che vanno sotto il nome di storia. Uomo, natura, storia: tre elementi che spesso generano pensieri fuorvianti se considerati come tre parametri indipendenti, ma che nel loro insieme, interdipendenti e interagenti, hanno creano quello che è il nostro paesaggio, tutto da leggere e da interpretare, che se potesse parlare ci cullerebbe ogni sera con mille avvincenti avventure.


Ecco il racconto per immagini di alcune escursioni:

"Non abbiamo bisogno di templi, chiese o moschee, quelle sono invenzioni di uomini che cercano potere su altri uomini. La Natura ha creato per tutti, gratuitamente, il più bel tempio del mondo: il bosco."


In montagna non ci sono solo percorsi di vetta, cime, vertiginose pareti, ferrate, bivacchi e rifugi. Ci sono anche percorsi in valle, dove il paesaggio è stato modellato nel corso dei secoli dal lavoro e dalle necessità dell'uomo. Ogni spazio ha il suo fascino, la sua magia, certo è molto bello salire in quota e respirare l'aria frizzante che profuma di nuvole, ma è altrettanto bello seguire percorsi di bassa quota, strade, mulattiere e sentieri forse meno spettacolari ma non per questo meno ricchi di fascino e di cose da raccontare.

Certo noi oggi abbiamo un punto di vista molto diverso dalle persone che in queste montagne hanno vissuto in passato: noi oggi torniamo in montagna per cercare pace, per ricercare noi stessi e ricreare quel rapporto intimo con la natura che in città ed in pianura è impossibile instaurare. Ma le persone che queste montagne le hanno vissute ed abitate in prima persona, nei tempi passati, avevano un rapporto molto diverso con questi ambienti: per gli antichi Celti i boschi, le montagne, i fiumi e tutta la Natura era un'entità divina, che nutriva, proteggeva e scandiva il tempo e l'esistenza umana con i sui ritmi stagionali. Per altri abitanti come i Romani, i Longobardi ed altri successivamente, questi luoghi erano territori da sfruttare e da spolpare, per tutto quello che potevano offrire economicamente: terre, forza lavoro, comunicazioni e passaggi strategici, alleanze politiche, risorse (minerali, legname, castagne, acqua, pietra da costruzione) e via dicendo. In epoche più recenti, con l'aumentare delle aspettative materiali della vita, quando ormai questi territori non potevano più sostenere tante persone con così complicate, e forse anche smodate esigenze, non potendo più sostenere un simile carico di richieste, hanno cominciato a diventare territori ostili, e la natura ha cominciato ad essere percepita come ingrata, le montagne come luoghi di povertà, tristezza e disperazione, e da qui tutto il fenomeno dello spopolamento, dell'abbandono, del rinnegare le proprie origini, alla ricerca del benessere e del viver borghese e agiato dei cittadini.

Ora che nelle nostre città siamo sommersi dalle cose, ogni nostro desiderio sembra trovare soddisfazione, le nostre pance rigurgitano come lava in ebollizione, ora che siamo bombardati da ogni tipo di informazioni, parole, suoni, luci, colori, e siamo circondati da migliaia di altri esseri umani sordi e ciechi gli uni agli altri, ora che in tutto questo marasma ci ritroviamo spesso soli, aggrappati alla nostra disperazione, come naufraghi, carne umana da macello sociale, corpi che nuotano in un mare di altrettanti corpi, ugualmente alla deriva, in cerca di chissà quale spiaggia su cui naufragare, ora che a questo è ridotta la nostra vita, qualcuno forse comincia a dubitare, ad interrogarsi, a ritornare timidamente sui propri passi, verso quei luoghi abbandonati per disperazione, e dove oggi forse torniamo per lo stesso motivo, per disperazione, per provare a percorrere altre strade, altri sentieri, antiche tracce dimenticate, che oggi riacquistano importanza. Ma questi percorsi non dobbiamo vederli solo come sentieri di terra e di sassi, devono esser anche sentieri di spirito e di cuore, dopo aver forse capito che non sono le cose, ne le apparenze, a dar senso alla nostra esistenza.

Forse dovremmo sempre tenere presente questo quando veniamo in questi luoghi incantati a fare un'escursione, un trekking o una semplice scampagnata: sono luoghi che meritano profondo rispetto, e non tanto perchè qui cresce il tal fiorellino raro o nidifica il tal uccellino protetto, no non per questo, ma perchè questi sono luoghi dove tante persone, persone come noi, hanno vissuto, hanno combattuto guerre, hanno trovato la morte e dato la vita, hanno perso e trovato speranze, hanno sognato, pregato, trovato rifugio materiale e spirituale, hanno lavorato, sudato duramente, hanno faticosamente costruito, distrutto e ricostruito, hanno sofferto, odiato ed hanno amato. Questi sono luoghi intrisi di vita vissuta, dove ogni pietra, ogni albero, ogni sentiero avrebbe mille cose da raccontare, e son tutte storie vere, drammaticamente vere, anche e soprattutto per questo la Montagna merita rispetto: la Montagna non è un parco divertimenti, e la Natura non è un giocattolo per bambini cresciuti !

Non condivido il punto di vista di chi considera la montagna come svago, parco divertimenti, sfida sportiva o sfida con se stessi, per me la montagna, ma anche il fiume, il bosco e la natura in generale, sono una cosa sacra ed intima. Certo in montagna si può ridere e scherzare, anzi felicità spasso e leggerezza sono sempre benvenute, ma questi "luoghi" li percepisco più come una creatura vivente che non un "luogo" prettamente fisico, come un animale primordiale e divino, dormiente, da non disturbare. 

Certi ambienti li percepisco come un'estensione di me stesso, affinano la percezione ed avvicinano ad altre dimensioni, come per gli antichi Celti per i quali il bosco è come una cattedrale senza muri, con le stelle come volta, ogni albero una colonna, ogni pietra un altare, ogni stella un Dio, un ambiente dove dimora il divino, o le energie dell'universo, o chiamatele come volete, luoghi quindi che meritano il giusto rispetto: la profanazione sarebbe sacrilega, come avvelenare o svendere la propria anima, non porta da nessuna parte ! 

 Il divino ed il mistico dimorano dentro e fuori di noi, e ci sono posti dove il confine tra questo dentro e questo fuori si fa labile, impalpabile, impercettibile, il paesaggio stesso in fondo può essere considerato come una dimensione del nostro spirito, la sua profanazione è una profanazione di noi stessi, un autolesionismo che porta solo alla perdizione, ovvero a perdersi, a perdere il contatto con se stessi e con le proprie radici, e scusate sei questi miei toni paiono un po'  da "predicatore", io non predico nulla per carità, ma son cose queste che sento e che vivo sulla mia pelle, e vedere certi affronti alla Natura dispiace, e fa male.

Molti considerano il trekking uno sport, per me non è uno sport, assolutamente, mancano tutte quelle caratteristiche che sono tipiche di un'attività sportiva: lo sport presuppone una sfida, una competizione, contro qualcuno o contro se stessi, lo sport presuppone che vi sia poi un vinto ed un vincitore: io non vado in montagna per sfidare nulla e nessuno, ne per vincere o per perdere, per me è un'attività più simile alla meditazione e alla contemplazione, a volte è quasi un piccolo viaggio iniziatico: si abbandona per qualche ora la civiltà ed il suo frastuono, per addentrarsi sempre più nella profondità quasi palpabile del silenzio, ci si muove in un ambiente dove il tempo e lo spazio sono dilatati, cambiano le percezioni, il ritmo dei propri passi e del proprio respiro sono il metro di misura, e l'unica forza per guadagnare terreno è quella sprigionata dalle nostre gambe.  Ogni passo è una fatica, ma è anche una conquista, quindi è una fatica appagante, ben diversa dalla fatica che ci assilla nel quotidiano, e la stanchezza che sopraggiunge alla sera ha il sapore della gioia: con questa fatica abbiamo arricchito la nostra anima di sensazioni nuove, ci siamo rigenerati, nutriti di bellezza e di umiltà, mettendoci a confronto con un ambiente dove non siamo padroni, come ci piacerebbe tanto credere, e come ci illudono le ideologie e le mode in voga, no, in montagna siamo solo ospiti, come nella vita del resto, e dobbiamo solo ringraziare che ci sia dato il dono prezioso di partecipare a questa magia !

Con un'analogia stupida ma efficace, la Natura e la Montagna sono per me come l'anticalcare per la lavatrice: mi disincrostano il cervello dai depositi nocivi del vivere quotidiano, mantenendo in equilibrio le mie energie. 

Alla sera torno sempre rinnovato dalle mie escursioni, alleggerito nello spirito, in pace con me stesso, sicuro di poter affrontare la notte imminente senza timori, mentre stando lontano dai boschi, dalle rocce e dalle acque, il grigiore urbano e civile mi intossica, mi logora e mi deprime !


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