La chiusa di Roccamurata

22.09.2022

Poco più a valle dell'abitato di Roccamurata, una grande roccia nera, propaggine dell'imponente Groppo di Gorro sovrastante, si pone a ostacolo delle acque del Taro, che si trovano così a fronteggiare un intruso di grande tenacia. Le acque, per niente intimorite, hanno levigato e scolpito queste roccie, fino a renderle lisce come il vetro, riuscendo non solo ad aggirarle , ma creando attorno ad esse bellissime e profonde piscine naturali di acque verdi smeraldo.

Si è creato un ambiente molto particolare e molto suggestivo, disturbato purtroppo dai rumori molesti che provengono dalla statale sovrastante e dagli esemplari di  homo graticulus  che in questa zona amano infrattarsi, dedicandosi ad attività tipiche di questa specie, come il grigliare spiedini e braciole di dubbia provenienza  e bere birre di infima qualità, lasciando poi ovunque le loro deprecabili tracce. 


Queste rocce che ostacolano il fiume creano una vera e propria chiusa, una strettoia, che anticamente fu sfruttata come luogo di controllo e presidio, essendo un passaggio obbligato per le vie di comunicazione che salivano dalle paludi e dalle città padane per dirigersi in terra di Luni.  Qui molto probabilmente correva un confine Bizantino ed il luogo conserva tracce di antiche probabili fortificazioni di difficile datazione.

Sulla sinistra idrografica, al di sopra di una ripida parete rocciosa, si trova un pianoro, ora boschivo, dove il terreno appare spianato artificialmente e lungo il cui bordo corre un muro, anzi una doppia cinta di mura, lungo le quali si trovano due basamenti quadrati, forse fondamenta di perdute torri.  Negli anni 30 del secolo scorso furono rinvenute in questa zona alcune sepolture, coperte da lastre di pietra, dove furono rinvenuti corredi funebri con alcune armi.  Stando al raccondo di alcuni anziani abitanti del luogo, questo pianoro fu teatro di battaglia. Secondo gli studiosi, potrebbe trattarsi dei resti di fortificazioni bizantine, anzi proprio in questo luogo poteva correre il limes, il confine, tra i domini dei bizantini e dei longobardi.

Sempre secondo alcune "leggende" locali, tutte le pietre con cui sono state costruite queste mura, sarebbero state raccolte da una contadina di nome Betta che anticamente dimorava in questa zona, nei pressi dell'attuale abitato di Castoglia, nome  che ha una vaga assonanza con il bizantino Kastron Kampsas, cioè un castello bizantino che, secondo alcuni studiosi, doveva trovarsi in una località imprecisata lungo la valle del Taro. 

La Betta, vissuta un numero imprecisato di generazioni fa, e che nessuno di coloro che raccontano questa storia hanno mai conosciuto, avrebbe raccolto le pietre per ripulire e rendere coltivabile il pianoro, da qui la designazione del luogo come "i piani della Betta".  Certo che risulta abbastanza inverosimile che una sola contadina abbia trovato così tanti sassi da costruire una doppia cinta muraria alta mediamente un metro, larga due  e lunga circa 180, dotata di due basamenti quadrati e alcune aperture, simili a varchi di accesso.

Naturalmente tutto questo è lasciato abbandonato al suo destino, e dei corredi funerari non v'è più alcuna traccia.

Nei prossimi giorni mi riprometto di fare una ricognizione con il drone e una visita al bosco, per cercare qualche traccia di questo antico e misterioso passato.



Fonti:

Angelo Ghiretti - Archeologia e incastellamento altomedievale nell'appennino parmense - ediz. Centro Studi Val Ceno - 1990