Il Taro, che in celtico significava l'impetuoso, l'indomito.
" Gli uomini che abitano le sponde di un fiume stringono un rapporto particolare con lo stesso. E' un'alleanza, un timore, un limite, un confine magico che da allo stesso momento sicurezza e instabilità. Il suo flusso incessante, il suo rumore, è un compagno che rassicura e avverte, una costante immutabile che rappresenta l'altrettanto ieratico ed invariabile scorrere del tempo ed il succedersi degli eventi umani, grandi e piccoli.
L' uomo che vive accanto al fiume lo osserva, vede una pittura mobile, sempre mutevole. Cresce capace di riflettere e meditare, vivace ma mai incosciente, rispettoso della natura, attento ai suoi equilibri, mezzo marinaio, mezzo contadino, un misto di socialità e prudenza, curioso di scendere e risalire la corrente, geloso del proprio pezzo di terra lungo la riva.
Il fiume è innanzitutto l'acqua, la prima radice e necessità della vita [...], il fiume è un Dio allora, come credevano gli antichi, un Dio che rappresenta allo stesso tempo la natura esterna, potente e terribile, che è la personificazione sia dell'impalpabile scorrere delle ere come delle correnti energetiche della Terra. [...] Una volta sacrifici ed omaggi erano offerti ai fiumi, le loro statue antropomorfe li personificavano presso i templi dei greci e dei latini. Poi, forse, è passato il tempo degli dei e gli immemori uomini salgono al suono delle campane a pregare l'Unico. Ma il loro sguardo scende verso la valle e verso gli argini, negli occhi c'è il rispetto, c'è amore, c'è il sacrosanto timore."
(tratto da un vecchio libro senza copertina, di cui quindi non riesco a rintracciare titolo ed autore)