Abbandonologia moderna.

26.07.2021

Il mondo oggi è pieno di abbandolonghi, sarà forse il fascino poetico e disastroso di questi brandelli di storia recente, tanto, troppo recente, tanto da inquietarci ed interrogarci sul nostro futuro prossimo ? Sarà forse il monito che questi luoghi lanciano, ad affascinare ? Le nostre vite saranno un giorno come questi ruderi ? Ricordi inutili ed ingrombranti, accantonati ai bordi delle strade, dove nuovi esseri, gonfi di sè, correranno verso il loro destino, inebriati da moderni miti e nuovi dei, indifferenti alle macerie umane a margine.

L'apparente inutilità di questi luoghi, o non luoghi, ci spinge ad interrogarci sull'effettiva natura della nostra modernità, dea vorace, divoratrice di anime, partoriente senza sosta di vacui schelettri. Gli abbandonologhi stessi diventano sempre più voraci ed insaziabili, predatori del tempo, tanto che a volte mi paiono scivolare dalla poetica sublime dell'abbandono, dal sapore un po' romantico, gotico-industriale, all'invadenza indiscreta e inopportuna, nello stile sensazionalista dei tabloid mercenari, ma è forse solo una mia fugace sensazione. Un mio limite.

Queste carcasse architettoniche, un tempo ferventi teatri di vita, diventano cibo e rifugio clandestino, nutrimento e sostegno per nuovi esseri, lenti e stanziali: muffe, muschi, erbe, arbusti ed alberi che si danno un gran da fare per digerire queste coriacee prelibatezze, e nel mentre animali di ogni genere popolano questi anfratti dimenticati dal bipede insolente ed insaziabile.

Spesso è  l'economia, o meglio l'attività predatoria umana sul pianeta ed i suoi abitanti, che decidono il destino di un luogo, ma alla fine il "lavoro sporco" viene lasciato fare al signore assoluto, colui che mette in pratica  l'ineffabile legge universale dell'entropia: il tempo, colui che agisce attraverso l'azione fagocitante della natura.

La mente umana fa il resto dentro di noi, questi luoghi diventano invisibili, pur essendo sotto gli occhi di tutti.




Una bellissima casa colonica abbandonata presso Taglio di Po, nel Delta del grande fiume, dove un immenso albero sembra letteralmente voler divorare la struttura architettonica.


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