Un angolo di Tibet in Romagna

08.06.2023

PAESE CHE VAI, STORIE CHE TROVI ...

Come una piccola sosta in un paesino di montagna diventa un'occasione inaspettata per scoprire storie, persone e culture.



Il Tibet è una meta molto impegnativa e difficile, anche per il viaggiatore di oggi, e sembra incredibile pensare che nel '700 dalle Marche partivano gruppi di frati e di religiosi che, con i mezzi di allora, affrontavano viaggi pericolosi e massacranti attraverso oceani, foreste e catene montuose, senza mappe, senza nessuna conoscenza delle lingue locali, viaggi che duravano mesi per raggiungere quelle sperdute vallate così cariche di spiritualità e di tradizioni antichissime, con l'intento di convertire le anime di quelle selvagge terre al Cristianesimo. Operazione che per fortuna non è andata a buon fine.

Un fraticello di nome Orazio parti anche da questo piccolo paesino della Val Marecchia, Pennabilli, e raggiunto il Tibet si stanziò, assieme ad altri Cappuccini marchigiani, dal 1703 al 1745 riuscendo a farsi ben volere dalle popolazioni locali. Fra Orazio da Pennabilli fu accolto nel monastero di Sera (Tiber), dove potè imparare la lingua e le tradizioni locali, riusci anche ad entrare in anicizia con Kelsang Gyatso, il settimo Dalai Lama, tanto da riuscire a farsi concedere il permesso di acquistare un terreno dove edificare una missione cattolica e dove poter praticare liberamente questa religione aliena. Padre Orazio studiò a fondo la cultura di questo paese, e a lui si deve il primo dizionario Tibetano in lingua occidentale composto da 33.000 vocaboli. Ma l'opera di proselitismo del frate, che nel frattempo si era procurato anche caratteri tibetani per stampare bibbie, cominciò ad insospettire i tibetani, sempre timorosi della loro indipendenza e delle loro tradizioni. Con il tempo il frati intuirono che la missione non poteva avere successo, quindi decisero di tornare in patria. Di li a qualche anno vennero a sapere che la loro missione era stata completamente smantellata, e tutto il lavoro di una vita reso vano, un duro colpo per il morale del fraticello di Pennabilli.

Di tutta questa storia rimane oggi solamente una campana, la campana originale della chiesetta che si trovava nella missione cattolica nei primi del '700 conservata in un magazzino del Jolhang, uno dei principali templi buddhisti a Lhasa. E rimane, ancora dopo quasi tre secoli, il ricordo di quell'avventura e di quell'amicizia tra popoli lontani, che è stato rievocato e rinsaldato recentemente con la costruzione, in questo piccolo paesino che ha dato i natali a Fra Orazio, di un piccolo monumento che unisce due simboli iconici di queste due religioni così distanti tra loro: una campana che è la riproduzione di quella origianle conservata a Lhasa affiancata da tre mulini di preghiera tibetani (manokorlo) con inciso sopra il mantra buddhista Om mani padme hum, ovvero 'Salve o Gioiello nel fiore di loto'. Secondo la tradizione tibetana, il gesto di girare la ruota della preghiera assume il significato di un'invocazione rivolta verso il cielo per attirare l'attenzione delle sfere più elevate, similmente al nostro suono della campana.

Oggi conosciamo anche il volto di Padre Orazio Olivieri della Penna grazie alla riscoperta di un suo ritratto rinvenuto da alcune monache nel 2022 nel monastero delle Agostiniane di Pennabilli, dove era rimasto dimenticato per oltre un secolo nel buio di un cassetto.

Poco sotto lo sperone roccioso su cui si trova il monumento, è stato costruito un piccolo giardino con un Chorten al centro, ovvero uno Stupa, quelle che da noi potrebbero essere le piccole cappellette votive che contengono le madonnine. Solitamente queste piccole costruzioni vengono poste in luoghi considerati infausti, come passi di montagna, incroci o guadi di torrenti, in modo da scongiurare il pericolo. Spesso contengono reliquie e hanno lo scopo di accogliere offerte e preghiere. La loro forma rappresenta schematicamente le forze dell'universo, i suoi elementi, ed il percorso dello spirito verso l'illuminazione. In oriente se ne trovano di magnifici. Tutt'attorno poi è un gran sventolare di colorate bandierine di preghera, ormai sbiadite e logorate dal vento e dal sole, chissà se qualcuna di queste è riuscita ad assolvere al suo intento. 

Recentemente in due occasioni il Dalai Lama è stato in questo luogo per rinsaldare l'amicizia tra Italia e Tibet, grazie a progetti portati avanti da gruppi come l'Associazione Italia Tibet e l'Associazione Orazio della Penna.

Questo luogo mi ha subito donato una bella sensazione di pace e di tranquillità, e mi ha riempito di curiosità, mai mi sarei aspettato di trovare in Romagna un angolo di Himalaya. Tutto il paese è ben curato e ricco di spunti per riflettere e meditare. Qui ha vissuto negli anni '80 anche il poeta Tonino Guerra, che ha lasciato molte tracce della sua arte, c'è un piccolo giardino custodito e protetto da alcune antichissime mura, con sette strane sculture in pietra: "Il santuario dei pensieri. Sette pietre misteriose, sette specchi opachi per la mente, sette confessori muti che aspettano di ascoltare le tue parole belle o le tue parole brutte" (Tonino Guerra).

Ci sono poi tutta una serie di piccoli musei, come il "più sguarnito e poetico museo del mondo" che ospita un'opera sola", L'Angelo coi baffi del pittore Luigi Poiaghi: l'opera rappresenta un angelo capace di far niente che invece di volare in paradiso, scendeva nel Marecchia e perdeva tempo dando da mangiare a degli uccelli impagliati nella casa di un cacciatore, ma un bel giorno questi si animarono e presero il volo. Si trova poi il curioso museo del calcolo, il museo del mondo di Tonino Guerra ed i musei del Montefeltro e del Parco Naturalistico Sasso Simone e Simoncello. Le tortuose stradine del paese, ben curate, sono abbellite con meridiane storiche e ceramiche artistiche, nonche' frasi poetiche ed alcune fotografie molto suggestive che ricordano l'eccezionale nevicata del 2012, insomma una sorta di museo diffuso, un bel luogo per ristorare l'anima, lo spirito e la curiosità.

Due mondi così distanti tra loro, sia fisicamente che culturalmente, le montagne dell'Appennino Romagnolo e la catena Himalayana, uniti da un umile frate finito per secoli nel dimenticatoio, ed un poeta che elegge a sua dimora questo piccolo borgo riempendolo di magia, insomma è' una bella storia, che merita di essere raccontata.


"vincerà la bellezza" -Tonino Guerra-