urban & street photography


Una volta giravo con interesse quasi antropologico per le vie delle città, mi piaceva soffermarmi appartato ad osservare lo svolgersi della vita, le persone indaffarate nelle loro faccende quotidiane. Ora invece mi sembra tutto un'enorme perdita di tempo, un teatrino tristemente ridicolo, una recita senza copione, o meglio il copione c'è eccome, solo che gli attori non lo conoscono, tantomeno ne conoscono gli autori. La vita come vogliono farcela trascorrere, i valori nei quali vogliono farci credere, i sogni (o incubi) e gli ideali (artefatti ed ingannevoli) che ci vengono propinati, sono ormai piatti scaduti, riscaldati, andati a male, putridi e puzzolenti. La cosa che più mi avvilisce è vedere come tante persone in buona fede credano di mangiare squisite prelibatezze, e se gli fai notare la muffa, evidente, ti guardano pure male! E' un gioco che non mi piace più, forse non mi è mai piaciuto, me ne estraneo volentieri, anche se a caro prezzo.

Fin da bambino avevo la vaga sensazione di essere capitato in questo mondo per errore, sono andato all'asilo per due giorni, e per due giorni me ne sono stato seduto in un angolino a piangere, mentre i miei compagni giocavano e ridevano, poi non ne ho più voluto sapere: io li non ci volevo andare, e non ci sono più andato.

Nelle gite scolastiche, quando si viaggiava in pullman, avevo sempre la fronte appiccicata al finestrino e trascorrevo tutto il tempo a guarde il paesaggio la fuori, con curiosità, mentre i soliti compagni facevano fracasso e giocavano. Non mi sono mai interessati i loro giochi, non mi coinvolgevano, li trovavo semplicemente inutili. Con il tempo non ho perso la curiosità per il mondo e per il paesaggio, ed il mirino della macchina fotografica è diventato il mio nuovo finestrino, dal quale guardo il mondo ancora oggi.

Ma se fino ad un paio di anni fa la giungla urbana rappresentava un ambiente interessante, anche se vissuta sempre con un certo distacco, oggi quel distacco è diventato un abisso. Nel periodo di gioventù le città mi sembravano più che altro desolate lande di cemento, squallide ed inospitali. Successivamente, non so per quale abbaglio, hanno cominciato a piacermi, e per alcuni anni le ho vissute con entusiasmo, poi un giorno arrivò la pandemia !

Il lockdown era per certi versi affascinante: la città vuota aveva un suo fascino spettrale ed era bello scorrazzare in bicicletta per le strade deserte. Ma a lungo andare lo speccatolo diventava via via sempre più desolante: una tortura disarmante ed avvilente veniva inflitta a povere anime ignare del copione! Alle prime riaperture mi è illuminato il cuore, ricorderò sempre la sensazione di bellezza nel vedere il primo bar aperto, con le persone che prendevano il caffè ! Poi arrivò il vaccino, e con esso il greenpass.... e l'impero del male si rivelò, gettò la maschera, e gli esseri umani si divisero: da un lato quelli che decisero di segurie la luce, il sentire della propria anima, il richiamo della natura e della libertà, coloro che preferirono rimanere integri e fedeli a sé stessi; e dall'altro lato coloro che invece preferirono rimanerene, più o meno consapevolmente, nelle tenebre e nel recinto, e furono tanti costoro! Da allora la città e la società per me son tornati ad essere quei luoghi, fisici e non, inospitali, freddi, ostili, come li percepivo da giovane. Un teatro di scontro tra forze opposte, ma non un teatro neutro, bensì un teatro costruito dal nemico, quindi con meccanismi appositamente congegnati a suo favore.

Luoghi, abitutidni, incontri, persone, amicizie, tutto ha perso di significato e di interesse per me. La città è tornata ad essere un semplice luogo di transito, da frequentare per necessità, e da attraversare in tutta fretta, senza indugiare, muovendosi furtivi come ombre nella notte. E' un luogo pericoloso, non tanto per la nostra incolumità fisica, quanto per l'incolumità delle nostre anime.


... come ombre furtive nella notte...


Non ho mai amato fotografare gli aspetti negativi che mi circondano, quindi non amo il fotogiornalismo, il reportage, la fotografia di denucia e via dicendo, pertanto la città per ora difficilmente rientrerà di nuovo nei miei soggetti, se non per alcuni aspetti particolari, ad esempio dove la vita e la natura tendono a manifestarsi coraggiosamente, o dove anime inquiete manifestano sussulti e fremiti vitali, non si sa poi se per orgoglio o per agonia!

Se il nemico vuole una guerra, che guerra sia! Spirituale s'intende, almeno per quanto mi riguarda. Una guerra di resistenza e di tenacia, una guerra combattuta con le armi della bellezza, della Natura, dell'inviolabilità dell'anima.



Scrivevo fino a qualche tempo fa le seguenti parole, nelle quali ora mi riconosco a stento. Ma la vita è fatta di periodi, di stagioni, ed ognuna ha il suo significato e il suo valore, pertanto mi sembra giusto non cancellarle del tutto, e lasciarle a testimonzianza del cambiamento avvenuto, evoluzione o involuzione che sia. Non rinnego mai le mie esperienze ed i mei "errori", anzi ne faccio tesoro. Inestimabile.

"Sono tendenzialmente piuttosto selvatico, pertanto la città non è certo il mio habitat ideale, anche se ci lavoro e tutto sommato ci capito sempre volentieri, è una curiosità antropologica più che altro. Anche la sua fauna è interessante, se guardata da una certa distanza, come si fa per precauzione con gli animali selvatici. Ho la fortuna di abitare una "terra di confine", a metà strada, abbastanza vicino alla città, ma altrettanto abbastanza vicino alla natura selvaggia, da permettermi la libertà di fuggire in entrambe le direzioni, a seconda delle necessità.

La città è una sorta di giungla d'asfalto, similitudine ormai banale ma sempre d'effetto, però a differenza della giungla naturale, nella quale puoi ritrovare te stesso attraverso il contatto con la Natura e puoi liberarti, in tutti i sensi, fisicamente e mentalmente, da stress ed ansie, nella giungla urbana rischi invece di perderti tra stress ed ansie, e sicuramente ti avveleni, tanto nel corpo quanto nell'animo, almeno per quanto riguarda il mio personale modo di essere, ma ammetto di avere un carattere molto particolare. In fondo queste sono le solite banalità che si dicono sul vivere cittadino, anche se io le vivo profondamente sulla mia pelle.

Può essere molto bella, seducente, variopinta, eccitante e divertente la città, ma va presa a piccole dosi, e bisogna tenersi sempre una via di fuga a portata di mano. E' un territorio di contrasti, anche molto forti, d'altronde anche la Natura ci pone dinnanzi a contrasti altrettanto forti, ma mentre Madre Natura ci vuole nudi dinnanzi ad essa (e questo è uno dei motivi per cui mi affascina il nudo in fotografia e nell'arte, il nudo è spiritualmente affine al vero e al sincero, alle umane miserie e grandezze, questo essere capace di tendersi fino a straziarsi tra opposte tendenze, tra il paradiso e l'inferno), ovvero non possiamo fingere di essere diversi da quelli che siamo, in città invece possiamo recitare un ruolo, nasconderci, e crearci in un certo senso una realtà su misura, fittizia però, che può portarci alla deriva, facendoci vivere una vita finta, ed è questo che intendo con il "perdersi".

La Natura ha le sue leggi, che per quanto crudeli possano apparire, sono leggi cosmiche che perpetuano la vita attraverso l'armonia e la ciclicità, pertanto anche quello che potrebbe sembrare "male", in Natura è una condizione necessaria per generare un bene. In città invece vigono esclusivamente leggi umane, negli intenti potrebbe essere la costruzione un mondo ideale che tende al bene, ma chiunque di voi può testimoniare che non è proprio così idilliaca la vita in città, ed il "male" in tutte le sue mille sfumature, è "umanamente" fine a stesso, non necessario, evitabile, pertanto è male e basta, senza alcuna giustificazione.

Ma mettiamo ora da parte queste considerazioni meta-filosofiche, che hanno poco a che fare con il carattere fotografico di queste pagine: per parlare della città in modo positivo, prendo spunto dal mio vissuto quotidiano e dal mio modo di muovermi in essa.

La città vissuta in automobile è una giungla infernale, ma vissuta a piedi o in bicicletta, assume tutto un altro aspetto. Senza problemi di parcheggio, ztl, code, ingorghi clacson assordanti e persone che gesticolano fuoriosamente invocando tutti gli dei dell'Olimpo, senza tutto questo, la città assume un aspetto più umano, più tranquillo, rilassato, con un certo sapore anche di libertà e gusto della scoperta.

Muovendosi in modo naturale, in bicicletta, si possono osservare molte più cose, e quindi scoprire anche molte più cose, come scorci interessanti, negozi particolari, ci si può imbattere in un mercatino sconosciuto, in un piccolo spettacolo di strada, in una mostra inaspettata, od incontrare una volto amico od incrociare un sorriso sconosciuto.

Da diversi anni infatti ho abbandonato l'auto per andare al lavoro, raggiungo la città in treno dal mio paese, e poi mi muovo in bici, e vi garantisco che è tutto un altro vivere! Anche il tempo del tragitto casa-lavoro non è più tempo di vita perso, ma acquista un nuovo significato, se non altro costituisce un buon allenamento fisico quotidiano, ma anche un buon allenamento mentale e caratteriale. Fermandomi poi quasi quotidianamente nei negozietti, sulle bancarelle o nei piccoli supermercati per prendere quanto mi necessita, non ho nemmeno più il bisogno di andare a fare la spesa nel fine settimana, in quanto quello che serve lo prendo alla spicciolata, al momento, tanto ci passo comunque davanti; lo stesso dicasi per le piccole faccende quotidiane, come pagare una bolletta. In questo modo il tempo libero è veramente libero. In questo modo anche nel quotidiano mi sono ricavato piccoli spazi da dedicare alla lettura, cosa sempre utile e gradita, o alla fotografia.

E' sempre stato un sentimento contraddittorio quello che mi lega alla città e al consorzio umano in generale: da un lato lo rifuggo, sentendolo ostile, non è il mio ambiente e non posso starci per troppo tempo ignorando il potente richiamo di madre Natura, D'altro canto per certi versi la città mi affascina, mi incuriosisce e mi suggestiona, ma sono più che altro brevi incursioni passeggere."

Ebbene, ad oggi, posso affermare che il mio fascino per il mondo urbano è stata solo una piccola parentesi nella mia vita, torno sempre più convinto alle selve oscure, alle montaghe impervie, ai fiumi impetuosi, ai cieli stellati, alle solitudini gratificanti e agli orizzonti vasti.

Errare è umano, perseverare è diabolico... e la città è infernale e diabolica.

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